admin on March 11, 2022

Una conversazione con Yuki Ikeguchi e Kengo Kuma

Conversando con Yuki Yekeguchi e Kengo Kuma

a cura di Massimo Del Seppia

 

MD Renaissance, la quarta edizione della biennale di architettura di Pisa, invita ad un nuovo stato mentale, guarda ad una possibile rinascita dal periodo pandemico riflettendo sugli ambienti di vita tra spazio collettivo e spazio individuale. Auspichiamo tutti una ripartenza che abbia come obiettivo il migliorare le nostre capacità di risposta alle esigenze della vita delle persone cercando nuovi modelli da seguire.
Come i progetti dello studio fanno fronte a queste domande ed in particolare come risponde il vostro progetto presentato in mostra a Pisa?

 

YI: Per quanto riguarda il nostro progetto a Milano, Welcome, abbiamo rivisitato il piano convenzionale del posto di lavoro allontanandoci dalla razionalizzazione e dalla ripetizione, implementando diversità, variazioni, sovrabbondanza, e spazio ulteriore per “respirare”, per essere “decompressi”, e che permette agli occupanti di stare assieme in un grande spazio, ma anche di lavorare singolarmente con un senso di spontaneità. Il progetto prevede interni ed esterni pieni di vegetazione che migliorano lo spazio collettivo.

È un processo per noi, l’architetto, condividere il valore della sovrabbondanza con i proprietari, gli investitori ed i costruttori in questo particolare periodo nella speranza che infine diventi un comun denominatore che contribuisca a migliore l’ambiente costruito ed estenda ulteriormente l’abitare urbano.

 

 

MD   I temi ambientali oggi sono imprescindibili. Siamo chiamati ad un rinnovato dialogo con la natura. Noi siamo natura ma continuiamo incredibilmente a percorrere una strada a fondo chiuso. Se non riusciremo presto a capire questo passaggio storico dovremo affrontare periodi di grande tensione sociale?
Con quale strategia il progetto “Welcome, felleing at work” di Milano, esposto in biennale, affronta questi obiettivi?

 

YI: È sempre stato il nostro obiettivo quello di perseguire un approccio biofilico al progetto, che si rapporti e faccia appello ai nostri sensi e alla nostra tendenza a cercare confort e ispiraione in un ambiente naturale con elementi organici. Coinvolgere e combinare luce naturale con aria freca, utilizzare materiali organici in modo tattile, implementare alberi e piante quanto più possibile è stata una stategia. In questa pandemia, è diventato ancora più evidente come la progettazione biofilica è essenziale soprattutto nell’abitare urbano. Il lockdown ha influenzato il nostro stato mentale che è stato isolato e disconnesso dal confort che potremmo trovare all’esterno, circondati dalla natura, assieme ad un senso di appartenenza alla società. L’intento di Welcome è quello di permettere allo spazio di “respirare” ed essere un contesto naturale dov’è possibile lavorare comodamente per ore. La progettazione, così come la composizione volumetrica, è stata sviluppata attorno a questo obiettivo.

 

 

MD   La casa, intesa come complesso edilizio plurifamiliare ha dimostrato durante il periodo pandemico tutte le sue carenze soprattutto in termini di flessibilità e il quartiere spesso non completa tali mancanze; lo spazio del lavoro è chiamato nell’immediato futuro ad adeguarsi a nuove esigenze emerse in questo periodo.
Lo smart working non sempre rappresenta una possibilità ma anzi in alcuni casi aggiunge criticità. Oggi tale possibilità non è ancora ben codificata.
Quali sono a vostro avviso le possibilità di miglioramento degli ambienti di vita in ambito domestico e di lavoro? 

YI: Penso che la nostra progettazione biofilica sia un approccio efficace nel migliorare gli ambienti di vita, entrambi casa e lavoro. Il nostro approccio nella sua essenzialità, non si concretizza nel solo utilizzo di materiali naturali, ma nell’applicazione strategica di una progettazione che permette “eccessi”, spazi/vuoti per respirare sia per contesti abitativi che di lavoro. Questa strategia non si dovrebbe limitare al progetto di un solo edificio ma dovrebbe ricreare la “vita fra gli edifici” estendendo la progettazione biofilica al livello urbano dove abitanti e lavoratori possano beneficiare dell’intreccio di spazio interno ed esterno. Credo che questo approccio sia applicabile a tutti i tipi di progettazione senza differenziare “abitare” e “lavorare”, aria di qualità, luce e calore dei materiali organici dovrebbero essere a disposizione ovunque noi spendiamo buona parte del nostro tempo. La sfida è quella di riconoscere l’importanza della progettazione biofilica e di condividerla come valore comune in modo che investimenti adeguati siano considerati da proprietari, progettisti, costruttori e dal pubblico per progetti futuri.

 

MD   Riteniamo che gli spazi verdi sia all’interno che al margine esterno delle città siano uno degli aspetti fondamentali di contrasto alle problematiche ambientali oggi in atto.
I grandi parchi, risorse per la collettività, come i piccoli frammenti verdi all’interno di ogni quartiere cambiano in meglio la percezione quotidiana del contesto in cui ogni persona vive.
Il verde come cintura e corridoio bioclimatico, portatore di benessere e di nuovo equilibrio con la natura.
In quale modo i vostri progetti alle varie scale si confrontano con tali aspetti?

 

YI: La scala è un aspetto relativo, il progetto è da studiare e derivare da investigazioni simultanee a piccola e grande scala= dalla vista urbana a quella umana ma anche alla piccolissima scala dei tessuti organici. Il giardino giapponese chiamato “tsubonowa” è letteralmente un minuscolo giardino a grandezza di “vaso” da posizionare fra le stanze che da luce ed un posto per respirare alla scala abitativa, mentre gli spazi aperti urbani fra gli edifici rispondono alla vita e alle attività all’aperto delle comunità di quartiere. Il nostro studio è sempre pronto a perseguire questi metodi di design simultanei con quanto più verde possibile.

 

MD    L’ambiente. Le problematiche ambientali sempre più stringenti ci portano a ripensare nuove strategie di equilibrio.
Un rinnovato rapporto uomo/natura o meglio natura/natura, la consapevolezza di essere un tutt’uno, può a nostro avviso essere un punto di rinascita intellettuale e di visione portando rapidamente a nuovi virtuosi paradigmi di approccio al progetto di architettura.
Noi siamo architetti e siamo chiamati a dare il nostro contributo intellettuale e progettuale. Come l’architettura e le città possono contribuire verso questi stringenti obiettivi globali?

 

KK: Gli architetti dovrebbero allargare la loro visione verso una scala globale durante la progettazione degli edifici. Dovremmo evitare di essere intrappolati dalla vista limitata che è difronte a noi.

 

Massimo Del Seppia Architetto.